Onorevoli Colleghi! - L'avvenuta riforma dei concorsi universitari deve costituire un momento di complessiva riflessione sull'assetto delle carriere che si sono sviluppate all'interno dell'università italiana, ponendo rimedio a quelle ipotesi di palese ingiustizia ed iniquità che continuano a perpetuarsi in danno di talune categorie universitarie. Tra queste, una che merita particolare attenzione e rivendica, a buon diritto, norme certe e giuste di inquadramento, nonché chiare prospettive professionali, è la categoria dei tecnici laureati, alla quale il sistema universitario ha prima concesso ampi riconoscimenti, consentendole l'accesso riservato alla qualifica di professore associato, con la riforma recata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, concernente il riordinamento della docenza universitaria, e poi l'ha lasciata inesorabilmente scivolare nel più completo ed ingiusto appiattimento sul ruolo del personale amministrativo, con il quale invero essa non condivide alcunché in termini di tipologia di funzioni espletate.
      È noto che in molti atenei il personale tecnico laureato, ormai inquadrato prevalentemente nelle qualifiche di collaboratore tecnico e funzionario tecnico, è utilizzato, in via di fatto e in assenza di formale riconoscimento, con funzioni in larga misura sovrapponibili a quelle dei ricercatori universitari o degli assistenti ordinari: attività scientifica di ricerca, assistenza a studenti, organizzazione di attività seminariali, di supporto didattico, partecipazione a commissioni di esame e, in alcune università, partecipazione a commissioni di laurea.
      Questa situazione, si ribadisce, di grave iniquità ed ingiustizia, cui consegue uno

 

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stato di profonda demotivazione e frustrazione, è resa possibile dalla carenza legislativa del nostro ordinamento al riguardo, che determina le condizioni del perpetuarsi del palese sfruttamento della categoria dei tecnici laureati, cui non sono riconosciute formalmente proprio quelle funzioni (didattiche e scientifiche) in assenza delle quali il loro impegno professionale sarebbe per lo più indefinibile nei contenuti suoi propri.
      Occorre dunque un quadro certo di responsabilità, diritti e doveri per la categoria dei tecnici laureati, che non può continuare ad essere sfruttata in assenza di adeguato riconoscimento giuridico e che invece deve poter continuare ad espletare le funzioni che da sempre esercita con la dignità che le compete.
      Rispetto alle disposizioni recate dalla legislazione in materia di reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo, la proposta di legge non intende in alcun modo costituire una forma neanche indiretta di sanatoria ope legis, ma, attraverso la previsione di specifici giudizi di idoneità, intende perseguire l'obiettivo di porre in essere le premesse, nell'interesse della stessa università italiana e dell'azione formativa che in essa è stata svolta anche dal personale in questione, per l'adozione di un'adeguata misura atta a porre rimedio ad una situazione ingiusta sul piano giuridico e morale.
      La presente proposta di legge non determina particolari oneri a carico dell'erario, dal momento che si prevede la soppressione dei posti nei ruoli di provenienza del personale giudicato idoneo.
      Occorre, infine, sottolineare che l'inserimento nel ruolo degli assistenti ordinari, ruolo come è noto ad esaurimento, pare in grado di contemperare equamente le esigenze dei tecnici laureati con quelle dei ricercatori universitari.
 

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